Newsletter No 32 – 4/7/2016

“Auguri a tutti e a tutte per la festa di Eid Al Fitr”

L’Ambasciata di Palestina

Indice:

  1. La triste storia di Arif Jaradat
  2. Il Comitato per i Diritti Umani della Camera si occuperà di Palestina
  3. L’idea di un muro anche a Gaza
  4. Ban Ki-moon a Gaza, promette sostegno
  5. Un appello per i due Stati dalla Conferenza Internazionale di Ginevra

I – La triste storia di Arif Jaradat

L’urgenza di una soluzione che garantisca il rispetto del popolo palestinese e il suo diritto di esistere

è evidente nelle storie di tremenda ingiustizia che feriscono quotidianamente anche – o soprattutto – le persone più fragili e indifese. E’ questo il caso di Arif Jarad, un ragazzo di 23 anni con sindrome di Down, colpito dai soldati israeliani il 4 maggio e morto la settimana scorsa in seguito alle lesioni subite. La sua storia l’ha raccontata il giornalista israeliano Gideon Levy, denunciando come susciti “una profonda rabbia ed una altrettanto profonda vergogna”.

Ogni volta che Arif Jaradat vedeva dei soldati si metteva a gridare: “Mio fratello Mohammed no!”. In più di un’occasione, Arif aveva infatti assistito all’arresto del fratello maggiore Mohammed, a casa o per strada, nel loro villaggio vicino ad Hebron, di notte o di giorno.

Aveva gridato allo stesso modo due mesi fa, quel tardo pomeriggio del 4 maggio, quando aveva visto un gruppo di sei o sette soldati che si aggiravano a piedi vicino alla sua casa. Sentendo questo grido, i suoi fratelli si erano subito preoccupati ed avevano urlato in ebraico: “È un disabile, non sparate!”. Poi avevano sentito uno sparo. Accorsi sul posto, avevano visto Arif seduto a terra sanguinante. I soldati se n’erano andati senza preoccuparsi delle sue condizioni e senza chiamare aiuto medico.

I sei fratelli e la sorella volevano molto bene ad Arif e lui era molto affezionato a loro. In famiglia lo chiamavano col soprannome “Hubb”, che vuol dire amore. Si portavano dietro Hubb quasi dappertutto. E adesso giudicano ridicolo qualunque tentativo di montare accuse contro di lui. Sono convinti che, oltre a gridare, Hubb non abbia fatto nient’altro. Ma devono esserne convinti anche i servizi di sicurezza israeliani, se hanno pensato bene di minacciare la famiglia di Arif perché non facesse accuse pubbliche circa la sua uccisione.

Vedi:

http://www.haaretz.com/israel-news/.premium-1.728126

http://www.assopacepalestina.org/2016/07/soldati-israeliani-sparano-a-un-palestinese-con-la-sindrome-di-down-e-scappano-senza-voltarsi-indietro/

II – Il Comitato per i Diritti Umani della Camera si occuperà di Palestina

Assopace Palestina e la Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese hanno chiesto un incontro all’ On. Pia Locatelli, Presidente del Comitato Permanente sui Diritti Umani istituito in seno alla Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei deputati. L’idea, che si è concretizzata il 23 giugno, era di esporre ed affrontare insieme il tema dei prigionieri politici palestinesi, con un focus particolare sui bambini detenuti, anche grazie alle testimonianze di due ospiti eccezionali quali l’attivista palestinese Qassam Barghouti e l’avvocatessa israeliana per i diritti umani Lea Tsemel.

In questa occasione, Luisa Morgantini, Presidente di Assopace Palestina, ha formulato delle richieste ben precise alla Presidente del Comitato e ai parlamentari presenti, tra cui ricordiamo Erasmo Palazzotto, Franco Cassano, Marietta Tidei e Marta Grande della Commissione Affari Esteri, insieme ad altri parlamentari invitati quali Franco Bordo, Vincenza Bruno Bossio, Filippo Fossati e l’ex senatore Vincenzo Vita. Tra le azioni più urgenti da intraprendere, un’interrogazione parlamentare sulle condizioni dei prigionieri, il sostegno dell’Italia alla candidatura di Marwan Barghouti al Premio Nobel per la Pace, ed una facilitazione della concessione dei visti ai cittadini palestinesi.

Lea Tsemel ha raccontato le insostenibili vessazioni a cui sono sottoposti i prigionieri palestinesi e le loro famiglie, sottolineando come tutto questo sia fatto “fuori legge, ma con enorme successo” da un sistema che in questo modo “funziona”.

Qassam Barghouti, figlio dello storico leader Marwan, ha vissuto in prima persona l’esperienza della detenzione, essendo stato arrestato “per motivi di sicurezza” nel 2003, quando aveva solo 17 anni. Non credeva di uscirne vivo e di poter raccontare questa esperienza, anche perché “le torture psicologiche a cui sono sottoposti i giovani detenuti hanno proprio lo scopo di renderli muti per sempre”. Invece Qassam è riuscito a raccontare la sua storia, spiegando che essere figlio di un prigioniero come Marwan, vedere ogni giorno il dolore e la tenacia negli occhi della madre, rappresenta un’esperienza ancora più dura di quella fatta in carcere.

Altri interventi sono stati quello di Meri Calvelli, attivista con base a Gaza, che ha spiegato come le condizioni dei prigionieri della Striscia siano ancora più gravi; e quello di Yusef Salman, Delegato della Mezza Luna Rossa Palestinese in Italia, che ha ricordato i lunghi rapporti di amicizia che legano il popolo italiano e quello palestinese.

L’Ambasciatrice dello Stato di Palestina, da parte sua, ha voluto sottolineare un dato incontrovertibile che sintetizza la sproporzione di mezzi e diritti tra cittadini palestinesi e autorità israeliane: “Se gli oppressori e gli occupanti”, ha infatti detto ai parlamentari italiani, “sono gli stessi dei giudici che giudicano i palestinesi, la giustizia è ingiusta in partenza e la comunità internazionale dovrebbe assumersene la responsabilità”.

L’On. Pia Locatelli non si è tirata indietro, prendendo ufficialmente “l’impegno con i presenti” di portare avanti la battaglia per i prigionieri palestinesi.

III – L’idea di un muro anche a Gaza

Diversi giornali israeliani sono convinti che l’esercito abbia approvato un piano per costruire un nuovo muro di recinzione intorno alla Striscia di Gaza. Secondo diverse fonti, il nuovo muro sarà costruito anche sottoterra. La notizia dell’approvazione del progetto è stata data per primo da Yedioth Ahronoth, il più diffuso quotidiano israeliano, che l’ha pubblicata in prima pagina sull’edizione di giovedì 16 giugno: Yedioth Ahronoth ha scritto che il progetto costerà circa 2,2 miliardi di shekel – circa 500 milioni di euro – e prevede la costruzione di una nuova barriera lungo tutti i 60 chilometri di confine fra la Striscia e il territorio israeliano. Il muro sarà inoltre profondo “decine di metri”. Negli stessi giorni, un funzionario della difesa israeliana ha detto al quotidiano Haaretz che i lavori sarebbero cominciati nel giro di qualche settimana, mentre il Washington Post ha scritto che secondo alcune sue fonti si sono già iniziati.

Vedi:

http://www.haaretz.com/israel-news/.premium-1.725466

https://www.washingtonpost.com/world/middle_east/israel-reportedly-constructing-an-underground-wall-around-gaza/2016/06/19/7bafb084-3636-11e6-af02-1df55f0c77ff_story.html

http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Israel-plans-to-build-concrete-wall-along-Gaza-above-and-below-ground-456977

IV – Ban Ki-moon a Gaza, promette sostegno

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, arrivato a Gaza il 28 giugno, ha subito visitato la scuola dell’UNRWA  Al Zaytoun, dove, parlando con gli studenti, ha condannato il blocco

israeliano di Gaza, “che soffoca la sua popolazione, mortifica la sua economia e impedisce la ricostruzione”. Ban si è spinto fino a dire che il blocco “è una punizione collettiva di cui Israele dovrebbe rispondere”, considerando che il 70% della popolazione di Gaza necessita aiuti umanitari e “più della metà della popolazione giovanile è priva di prospettive di lavoro o di orizzonti di speranza”. Secondo il Segretario Generale, “questa situazione non può andare avanti così. Alimenta rabbia e disperazione, aumentando il rischio di una nuova escalation delle ostilità, che può solo portare nuove sofferenze alla popolazione di Gaza”.

Ban Ki-moon ha anche sottolineato l’importanza di raggiungere un governo legittimo e democratico che riunisca Gaza e la Cisgiordania, promettendo infine al popolo di Gaza: “Le Nazioni Unite saranno sempre con voi”.

Vedi:

http://www.maannews.com/Content.aspx?id=772028

V – Un appello per i due Stati dalla Conferenza Internazionale di Ginevra

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha riferito della sua due giorni in Medioriente – “la mia undicesima visita in Israele e Palestina” – in occasione della Conferenza Internazionale a Sostegno della Pace Israelo-Palestinese che si è tenuta a Ginevra il 29-30 giugno. Nel suo messaggio, letto dal Direttore Generale dell’Ufficio ONU di Ginevra, Michael Moeller, Ban ha voluto sottolineare come il titolo della Conferenza, “La pace è possibile – una cornice per andare avanti”, sia totalmente appropriato, perché nessuno dovrebbe rinunciare alla speranza di una soluzione negoziata tra la Palestina e Israele. “Quello che manca è la volontà politica che questo accada”.  Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha poi insistito sull’importanza di “preservare la soluzione dei due Stati – l’unica in grado di soddisfare le aspirazioni nazionali di entrambi i popoli”. C’è quindi bisogno di uno Stato palestinese, ha detto Ban confermando il suo impegno personale in questa direzione fino all’ultimo giorno del proprio mandato, ma l’espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, ad esempio, “è un fattore che mina la fiducia e r appresenta una minaccia reale alla creazione di uno Stato palestinese”. Alla Conferenza, convocata dal Comitato ONU per i Diritti dei Palestinesi, hanno preso parte esperti e negoziatori internazionali provenienti anche dalla Palestina e da Israele, accademici e membri della società civile, che hanno discusso le lezioni del passato così come le più recenti iniziative avanzate per promuovere il processo di pace nell’area.

Vedi:

http://www.ilvelino.it/it/article/2016/06/30/mo-ban-ki-moon-da-israele-e-palestina-maggiore-sforzo-per-garantire-so/f7f1136e-9466-416a-8a69-f16f8cda7147/

http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=54363&Cr=palestin&Cr1=#.V3Y5M_mLSUk