Newsletter No 43 – 31/10/2016

“Sono palestinese. Difficile dire che io non sia palestinese, ma mi sento come se non avessi un Paese o una nazionalità”

Rifugiato palestinese dalla Siria

Indice:

  1. Il destino dei rifugiati palestinesi in Siria
  2. Ucciso a soli 10 anni
  3. Stop alle squadre degli insediamenti
  4. La statistica dei morti
  5. Uno dei mosaici più grandi del mondo è in Palestina

I – Il destino dei rifugiati in Siria

Durante il mese di ottobre, i residenti del campo profughi palestinese di Khan Al-Shih, a Sud-Ovest di Damasco nella Siria devastata, sono stati protagonisti di una protesta in cui condannavano i bombardamenti del campo dove molti di loro sono nati e dove vivono ormai da anni, cercando di scongiurare la minaccia che incombe su di loro di dover sopportare condizioni di assedio ancora più dure.

I rifugiati palestinesi si trovano infatti a dover sopportare questa guerra in condizioni di partenza già molto difficili e con la sensazione di non essere più sicuri nel posto dove hanno trovato rifugio. Prima della guerra civile, vivevano in Siria circa 560.000 rifugiati palestinesi, scacciati dalla Nakba del 1948 e dalla successiva occupazione israeliana. Con l’inizio delle ostilità, sono stati posti di fronte a una sola alternativa: restare sotto alle bombe o rimettersi in viaggio, rifugiati per la seconda o la terza volta, questa volta possibilmente in Europa, se non fosse che per i palestinesi nati in Siria ma senza passaporto siriano la via dell’asilo non è così semplice.

In molti se ne sono comunque andati. Secondo il Portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione (UNRWA) dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente, Christopher Gunness, sono almeno 110.000 i palestinesi che hanno lasciato la Siria in seguito al conflitto ancora in corso. Di questi, circa 60.000 potrebbero essere partiti per l’Europa, affrontando i rischi di un viaggio molto pericoloso. Si tratta, come ha dichiarato lo stesso Gunness, “dei più vulnerabili tra i vulnerabili”, anche quando restano nei campi, da cui, non a caso, si sono levati sia il grido orrore di fronte alle vittime della guerra, che includono molti civili, rifugiati e operatori di organizzazioni umanitarie; sia la richiesta di aiuto perché i servizi siano mantenuti e “i rifugiati siano protetti mentre aspettano di poter tornare nelle loro case della Palestina”.

Vedi:

http://www.maannews.com/Content.aspx?id=773525

http://www.aljazeera.com/indepth/features/2016/03/palestinian-syrians-refugees-160321055107834.html

II – Ucciso a soli 10 anni

Anche quando sembra che non succeda niente, qualcosa succede, nella Striscia di Gaza. E spesso si tratta di qualcosa di brutto, di una violenza subita dalla popolazione civile per mano dell’esercito israeliano. Ad esempio, il 12 ottobre un bambino palestinese di 10 anni è stato ucciso dalle forze di occupazione nella città di Qarara, vicino a Khan Yunis. Secondo alcune testimonianze, i colpi che hanno ucciso Abdullah Al-Naseef a pochi metri da casa sua sono partiti da una base militare israeliana.

Vedi:

https://www.arabic-hippo.website/2016/10/13/israeli-occupation-forces-shoot-kill-10-year-old-palestinian-boy/

III – Stop alle squadre di calcio degli insediamenti

Il 12 ottobre le Nazioni Unite hanno voluto ricordare alla Federazione Internazionale di Calcio (FIFA) che le squadre di calcio degli insediamenti israeliani nella Cisgiordania Occupata sono illegali e che la Federazione dovrebbe prendere in seria considerazione questo dato di fatto. Lo ha detto chiaramente Wilfried Lemke, Consigliere Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite sul ruolo dello sport per lo sviluppo e la pace, alla vigilia di una riunione del Consiglio della FIFA: “Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha stabilito che gli insediamenti israeliani non hanno validità legale perché violano il diritto internazionale, e che tali pratiche costituiscono un ostacolo per il raggiungimento di una pace completa, giusta e duratura in Medioriente”. D’altra parte, anche il rapporto preparato per la FIFA dal Comitato di Monitoraggio per Israele e Palestina, recentemente costituito con l’obiettivo di tenere d’occhio le questioni che colpiscono lo sviluppo del calcio in Palestina, riserva un’attenzione speciale ai club degli insediamenti, che l’Associazione Calcio Palestinese ha giustamente chiesto di bandire.

Vedi:

http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/UN-reminds-FIFA-that-settler-soccer-teams-are-illegal-469967

IV – La statistica dei morti

Nel corso dell’ultimo anno, il quotidiano palestinese online Maan ha raccolto i dati relativi al numero di cittadini palestinesi uccisi dalle forze di occupazione israeliane, a partire dalle prime azioni di ribellione intraprese dai giovani palestinesi di Gerusalemme Est e della Cisgiordania Occupata agli inizi di ottobre del 2015, accompagnate se non precedute dalle ben più numerose rappresaglie e provocazioni israeliane scattate nello stesso periodo.

Secondo il Rapporto pubblicato da Maan, dei 235 palestinesi uccisi tra il 1 ottobre 2015 e il 30 settembre 2016, 161 sono stati giustiziati in Cisgiordania, 36 nella città di Gerusalemme, 29 nella Striscia di Gaza assediata e 9 in Israele. L’età media delle vittime è di 23 anni, quella in cui si muore di più 19. Dalle statistiche emerge il prototipo del palestinese colpito: “un ragazzo intorno ai 20 anni, proveniente da Hebron, ucciso dalle forze di sicurezza israeliane”. I minorenni rappresentano un quarto dei palestinesi uccisi: 60 di loro erano infatti bambini, con il più piccolo morto alla tenera età di 8 mesi per aver inalato un’eccessiva quantità di gas lacrimogeni. Al momento della loro esecuzione, praticamente nessuno dei palestinesi uccisi costituiva una reale minaccia.

Vedi:

https://maannews.com/Content.aspx?id=773407

http://www.dire.it/06-10-2016/80018-palestina-un-anno-di-intifada-i-morti-sono-274/

V – Uno dei mosaici più grandi del mondo è in Palestina

Lo scorso 20 ottobre è stato svelato al pubblico uno dei mosaici pavimentali più grandi al mondo: si trova nella Cisgiordania Occupata, dove decora le rovine del Palazzo di Hisham, un complesso residenziale invernale dei califfi omayyadi risalente all’VIII secolo d.C., sito a circa cinque chilometri a Nord della città di Gerico.

Il mosaico di 825 mq fu scoperto negli anni Trenta, quando era ancora ricoperto dalle macerie scaturite dal terremoto che colpì la zona nel 947 d.C. Solo in seguito ad un lungo lavoro di pulizia e di collaborazione tra il Ministero per il Turismo e le Antichità Palestinese e diversi Paesi tra cui l’Italia, hanno visto la luce i dipinti dell’ “albero della vita” raffigurante da un lato un leone che caccia un cervo e dall’altro due cervi che convivono tranquillamente, a simboleggiare le idee di guerra e di pace.

Il governo giapponese continuerà a fornire il proprio aiuto per i lavori di restauro e conservazione del pavimento a partire dal monitoraggio previsto per il mese di dicembre. Per il 2018 si prevede invece la conclusione dei lavori per la struttura espositiva.

Vedi:

http://www3.nhk.or.jp/nhkworld/en/news/20161021_06/

http://www.maannews.com/Content.aspx?id=767744

http://www.maannews.com/Content.aspx?id=773605

http://www.massimobray.it/il-primo-giorno-del-viaggio-in-medio-oriente-fra-i-mosaici-del-palazzo-di-hisham-e-la-scuola-di-gomme-di-khan-al-ahmar/