Newsletter No 55 – 30/1/2017

“Non vogliamo solo rimanere sulla nostra terra, ma anche influenzare le decisioni politiche per contribuire alla fine dell’occupazione”

Ayman Odeh, deputato della Knesset e Presidente della Lista Araba Unita

Indice:

  1. Incredibile ma vero: altre unità abitative negli insediamenti
  2. La necessità di ribadire una coerenza europea
  3. La Giornata Internazionale a Sostegno dei Diritti dei Palestinesi del 1948

I – Incredibile ma vero: altre unità abitative negli insediamenti

Già l’approvazione data il 22 gennaio alla costruzione di 566 nuove unità abitative negli insediamenti israeliani di Gerusalemme Est aveva un significato molto preciso, cioè quello di facilitare il trasferimento illegale a Gerusalemme Est di altre migliaia di coloni, alterando ulteriormente, in questo  modo, la composizione demografica e il carattere di Gerusalemme Est Occupata, attraverso la deliberata violazione del diritto internazionale e di tutte le risoluzioni Onu pertinenti, compresa la 2334 di recente approvazione. Se ciò non fosse bastato, questa provocazione è stata seguita, a distanza di soli due giorni, dall’approvazione di altre 2.500 unità abitative, da spargere, questa volta, sull’intera Cisgiordania.  Lo ha annunciato personalmente il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, dichiarando: “Stiamo costruendo e continueremo a costruire”, andando contro tutte le richieste espresse dalla comunità internazionale e, in particolare, dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dal Quartetto e dall’Unione Europea. Si tratta di azioni che lo Stato di Palestina ha voluto denunciare apertamente con una lettera inviata il 24 gennaio al Segretario Generale, al Consiglio di Sicurezza e all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in cui si sottolinea come “la retorica, le decisioni e le azioni del governo israeliano” vadano nella direzione opposta a quella del consenso globale, indirizzato verso la soluzione dei due Stati sui confini del 1967.

Sulla stessa linea d’onda, Hanan Ashrawi, Membro del Comitato Esecutivo dell’OLP, ha sottolineato come “Ancora una volta, il governo di Israele abbia dimostrato di essere più fedele al furto di terra e al colonialismo che alla soluzione dei due Stati e ai requisiti per la pace e la stabilità”.  Si tratta, secondo Ashrawi, di un “crimine di guerra”, ed è evidente che “Israele stia approfittando dell’inaugurazione della nuova amministrazione statunitense per aumentare il numero di violazioni e prevenire l’esistenza di uno Stato palestinese”. E’ invece fondamentale, secondo la rappresentante dell’OLP, che sia gli Stati Uniti che il resto della comunità internazionale applichino “misure punitive e sanzioni prima che Israele completi la distruzione della continuità territoriale e demografica della Cisgiordania”.

Non solo la Lega Araba, ma anche molti altri Paesi hanno reagito a quest’ennesima provocazione del governo israeliano prendendone le distanze. Il Ministero degli Esteri italiano, in particolare, ha rilasciato il seguente comunicato: “Preoccupazione della Farnesina per l’approvazione di 562 unità abitative a Gerusalemme Est e di ulteriori 2500 unità in tutta la Cisgiordania. La consolidata posizione italiana è che la politica israeliana di espansione degli insediamenti è un ostacolo alla prospettiva dei due Stati, per la quale entrambe le Parti sono chiamate a dimostrare fattivamente il proprio impegno”.

Le Nazioni Unite, da parte loro, hanno reagito immediatamente alla notizia sulle nuove costruzioni in tutta la Cisgiordania, prima attraverso una dichiarazione del portavoce del Segretario Generale Antonio Guterres, che ha ribadito come le “azioni unilaterali” siano un ostacolo alla pace basata sulla soluzione dei due Stati, e poi con la convocazione d’urgenza di una riunione a porte chiuse sulla situazione in Medio Oriente, durante la quale l’inviato Onu per il Medio Oriente, Nikolay Mladenov, ha informato i Quindici sugli ultimi sviluppi.

Vedi:

http://www.jpost.com/Israel-News/Israel-announces-plans-to-build-2500-new-West-Bank-housing-units-479456

http://it.euronews.com/2017/01/24/israele-netanyahu-annuncia-2500-nuovi-alloggi-in-cisgiordania-olp-insorge

http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2017/01/preoccupazione-della-farnesina_1.html

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=TZ1Y7Ca52198893285aTZ1Y7C

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=u4RXHoa52197941532au4RXHo

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=bKgLgga52187472249abKgLgg

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=HVgsuoa52189375755aHVgsuo

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2017/01/25/mo-oggi-riunione-cds-onu-a-porte-chiuse_3dc32cd6-666f-4383-b6c5-80f5484e1f67.html

http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/palestina/2017/01/25/mo-onu-nuovi-alloggi-in-cisgiordania-ostacolo-a-soluzione_87fab36c-e971-4e96-b4d0-68f3723e69fd.html

II – La necessità di ribadire una coerenza europea        

Sembra ci siano alcune questioni sulle quali l’Unione Europea vuole rivendicare con fierezza la propria storia e la propria autonomia politica, mantenendosi a debita distanza da posizioni come quelle recentemente espresse dal nuovo Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Tra queste ricordiamo, oltre alla questione dei migranti, la questione palestinese, su cui peraltro l’amministrazione statunitense appare ondivaga.

E’ un dato di fatto, ad esempio, che quando la Gran Bretagna ha deciso di non inviare il proprio Ministro degli Esteri Boris Johnson alla Conferenza di Parigi partecipando con un diplomatico di più basso rango; quando si è rifiutata di sottoscrivere la Dichiarazione con cui 70 Paesi insistevano per la soluzione dei due Stati; e quando, in piena Brexit, ha deciso di esercitare il suo potere di veto in modo che il Consiglio Europeo non adottasse quella stessa decisione, la stragrande maggioranza dei diplomatici europei abbia invece voluto ricordare come  i risultati dell’incontro di Parigi fossero perfettamente in linea con il consolidato approccio dell’Europa al conflitto arabo-israeliano e come, semmai, fosse il Regno Unito a peccare di incoerenza e a mostrare eccessivo riguardo per le critiche, neanche troppo velate, che Donald Trump aveva mosso all’iniziativa francese, dopo che il governo di Londra aveva appena contribuito alla stesura della Risoluzione ONU 2334, di condanna agli insediamenti israeliani.

Per questo e per ristabilire l’unità della politica europea sul Medio Oriente, il Segretario Generale del Comitato Esecutivo dell’OLP, Saeb Erekat, ha voluto lanciare un appello affinché “Il Regno Unito riconsideri le sue posizioni, rendendo Israele responsabile delle proprie azioni e sostenendo le iniziative internazionali insieme a quelle che vengono dalla Palestina”.

Vedi:

https://www.theguardian.com/politics/2017/jan/15/uk-snubs-middle-east-peace-summit-in-paris-to-keep-trump-onside

http://www.independent.co.uk/news/world/europe/paris-peace-talks-israel-palestine-britain-refuses-back-benjamin-netanyahu-john-kerry-a7528846.html

https://www.nad.ps/en/media-room/press-releases/dr-saeb-erekat-reservations-made-united-kingdom-and-australia-final

https://www.theguardian.com/world/2017/jan/16/uk-cosying-up-to-trump-over-middle-east-peace-process-say-eu-ministers

http://www.haaretz.com/israel-news/.premium-1.765399

 

III – La Giornata Internazionale a Sostegno dei Diritti dei Palestinesi del 1948

Si è celebrata anche quest’anno, per la seconda volta da quando è stata istituita il 30 gennaio 2016, la Giornata Internazionale a Sostegno dei Diritti dei Palestinesi del 1948. Nata per iniziativa di leader e movimenti politici palestinesi in Israele, in Palestina e nella Diaspora, questa giornata sollecita puntualmente l’attenzione di tutti gli amici della Palestina sparsi per il mondo affinché si oppongano alla repressione dei cittadini arabi palestinesi rimasti in quello che è divenuto lo Stato di Israele dopo la Nakba del 1948, e sostengano gli sforzi di questi cittadini di serie B per contrastare le politiche di discriminazione e Apartheid messe in campo da Israele con l’obiettivo di negare il patrimonio storico, nazionale e culturale della Palestina.

Negli anni successivi alla nascita dello Stato di Israele, le nuove autorità mapparono l’intero Paese lasciando fuori dai registri ufficiali la metà dei villaggi palestinesi esistenti, per poi accusarli di essere stati costruiti illegalmente.

Cominciò così il calvario di chi era riuscito a resistere alla deportazione mentre si verificava la fuga in massa della popolazione palestinese, l’80% della quale, pari a circa 800mila persone, venne letteralmente cacciata dalle milizie armate israeliane. Solo 153.000 palestinesi rimasero in Israele, rifugiati nella loro stessa terra nel 25% dei casi, quando le loro abitazioni furono distrutte e la loro terra fu confiscata dal nuovo Stato.

Gli abitanti dei villaggi che non furono distrutti ma non vennero nemmeno riconosciuti furono immediatamente costretti ai margini dello Stato di Israele, senza servizi pubblici, senza allacci alla rete idrica o elettrica, e al di fuori di un qualsiasi piano urbanistico, sebbene avessero in mano la carta d’identità israeliana. Ancora oggi questi abitanti sono bersaglio costante di demolizioni e tentativi di sfollamento da parte delle autorità israeliane. L’ultimo progetto, il Piano Prawer, prevede la distruzione di 45 villaggi beduini non riconosciuti nel Negev, la confisca di oltre 850mila dunam di terre (un dunam è pari a mille metri quadrati) e il trasferimento forzato di 40mila beduini palestinesi in township ad hoc, per fare largo ad insediamenti israeliani. Bloccato dagli scioperi di massa di tre anni fa che hanno visto scendere in piazza tutta la Palestina storica, il Piano è rimasto nel cassetto, ma non le azioni contro le singole comunità.

Ricordiamo l’apice raggiunto lo scorso 18 gennaio nel villaggio beduino di Umm Al-Hiran, quando, durante una manifestazione di protesta, il maestro di scuola Yacoub Abu Al-Qiyan è stato ucciso mentre procedeva a bordo di una jeep caricata delle sue cose prima che demolissero la sua casa, e uno dei proiettili sparati dalla polizia ha ferito al volto il deputato della Knesset Ayman Odeh, Presidente della Lista Araba Unita, terzo partito del Parlamento israeliano.

Ma ricordiamo anche l’immediata risposta palestinese, con uno sciopero generale indetto in tutto lo Stato di Israele da parte della popolazione palestinese, da Haifa a Nazareth, da Tel Aviv a Wadi Ara, mentre in migliaia raggiungevano Umm Al-Hiran per partecipare ai funerali di Yacoub Abu Al-Qiyan e tentare di riscostruire il villaggio. Le comunità di Wadi Ara – il cosiddetto “triangolo”, nel Nord Est di Israele –, i cittadini palestinesi di Jaffa e la Arab Lawyers Union hanno perfino donato tre case mobili per accogliere alcune delle famiglie sfollate, lanciando al contempo una campagna di raccolta fondi via WhatsApp.

E’ a questo punto che la polizia israeliana ha deciso di comparire di nuovo, il 29 gennaio, con l’ennesimo ordine di demolizione, a cui gli abitanti palestinesi del villaggio hanno risposto appellandosi ai loro concittadini di Israele perché accorressero per impedire la distruzione ad opera di bulldozer che non si stancano mai: si pensi solo al villaggio di Al-Araqib, demolito dalle forze israeliane e ricostruito dai suoi abitanti palestinesi per ben 93 volte negli ultimi 5 anni.

Ecco, la Giornata Internazionale a Sostegno dei Diritti dei Palestinesi del 1948 vuole denunciare tutto questo, insistendo sul fatto che lo Stato di Israele è organizzato secondo due diversi parametri, che distinguono la popolazione arabo-palestinese da quella israeliana e che caratterizzano, oltre al sistema abitativo, anche quello educativo e giuridico, così come la libertà di espressione, il mercato del lavoro e la distribuzione del reddito. Se le scuole palestinesi costituiscono “un mondo a parte” scarsamente finanziato dal governo, se i cittadini palestinesi di Israele svolgono per lo più lavori mal pagati, e se perfino la sanità viaggia su binari paralleli discriminando palesemente i bisogni dei palestinesi, vittime di una mortalità infantile doppia rispetto a quella dei cittadini israeliani, non sorprende che questa Giornata invochi “il nostro diritto alla giustizia e all’uguaglianza”.

Vedi:

https://www.facebook.com/permalink.php?id=1709854659271574&story_fbid=1710012379255802

http://www.palestinechronicle.com/rights-of-palestinian-israeli-citizens/

http://nena-news.it/israele-nuovo-ordine-di-demolizione-per-umm-al-hiran/