Newsletter No 70 – 19/6/2017

“Su questa terra abbiamo ciò per cui vale la pena vivere:

l’esitazione di aprile,

il profumo del pane all’alba,

il punto di vista di una donna sugli uomini…”

Mahmoud Darwish

Indice:

  1. Il Parlamento Europeo torna sulla soluzione dei due Stati
  2. Nuovo accordo della UE con l’UNRWA per i rifugiati palestinesi
  3. La Risoluzione ECOSOC sulle donne palestinesi conferma le responsabilità dell’Occupazione
  4. Lo sciopero delle donne

I – Il Parlamento Europeo torna sulla soluzione dei due Stati

Il Parlamento Europeo, avendo a mente le sue precedenti risoluzioni sul Processo di Pace in Medio Oriente così come quelle delle Nazioni Unite, lo scorso 18 maggio ha adottato un nuovo testo “Sul raggiungimento della soluzione dei due Stati in Medio Oriente”,  rinnovando il proprio “forte sostegno” a questa soluzione del conflitto,  “sulla base dei confini del 1967, con lo Stato di Israele al sicuro e uno Stato palestinese indipendente, democratico, confinante e  sostenibile, uno accanto all’altro in pace e in sicurezza, sulla base del diritto all’autodeterminazione e nel pieno rispetto del diritto internazionale”.

A questo scopo, il Parlamento chiede espressamente di evitare “misure unilaterali che potrebbero pregiudicare l’esito dei negoziati”, ribadendo che la soluzione dei due Stati “deve essere la priorità immediata delle politiche e dell’azione dell’Unione Europea” su questo fronte.

In particolare, il Parlamento, ricordando che “gli insediamenti sono illegali secondo il diritto internazionale”, sottolinea che “le recenti decisioni di costruire un nuovo insediamento nel cuore della Cisgiordania, di pubblicare bandi per circa 2.000 unità abitative, e di dichiarare ‘terra di Stato’ altri terreni della Cisgiordania, minano ulteriormente le prospettive di una possibile soluzione dei due Stati”, lamentando, al contempo, l’approvazione da parte della Knesset  della cosiddetta “Legge di Regolarizzazione” che legalizza gli avamposti israeliani su proprietà private palestinesi.

Con l’occasione, il Parlamento Europeo chiede la fine delle demolizioni delle case palestinesi nonché delle strutture e progetti finanziati proprio dalla UE.

Il Parlamento rammenta inoltre la Dichiarazione di Venezia del giugno 1980 con cui gli Stati Membri si sono assunti le proprie responsabilità nel processo di pace, chiedendo di adottare questo mese di giugno una nuova Dichiarazione sulla base della quale impostare una iniziativa europea “coraggiosa ed esauriente” nella regione. Ma per sostenere questa iniziativa, è compito fondamentale dei Paesi Membri “di contribuire attivamente alla formulazione di una posizione europea unitaria”, perché “i Capi di Stato e di Governo europei non possono chiedere all’Unione di essere attiva nella regione se le loro posizioni divergenti impediscono all’Unione di parlare con una sola voce attraverso l’Alto Rappresentante”.

Infine, la risoluzione suggerisce di lanciare un’iniziativa di “Parlamentari per la Pace” mirata a mettere insieme parlamentari europei, israeliani e palestinesi per aiutare a promuovere un’agenda per la pace, a complemento degli sforzi diplomatici dell’Unione Europea.

Vedi:

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&language=EN&reference=P8-TA-2017-0226

II – Nuovo accordo della UE con l’UNRWA per i rifugiati palestinesi

Il 7 giugno, l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Sicurezza nonché Vice-Presidente della Commissione Europea, Federica Mogherini, il Commissario Europeo per l’Allargamento e la Politica di Vicinato, Johannes Hahn, e il Commissario Generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione (UNRWA) dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente, Pierre Krähenbühl, hanno firmato una Dichiarazione Congiunta che ribadisce il sostegno dell’Unione Europea all’UNRWA per il periodo 2017-2020.

Federica Mogherini, riconoscendo il ruolo fondamentale dell’Agenzia in Medio Oriente, ha affermato: “Attraverso il suo instancabile lavoro, l’UNRWA continua ad assistere i rifugiati palestinesi, offrendo loro istruzione, e promuovendo lo sviluppo socio-economico e la stabilità in Medio Oriente”, aggiungendo inoltre: “Il sostegno internazionale è cruciale per l’UNRWA: l’Unione Europea continuerà a investire su uno dei pilastri della sua politica di pace in Medio Oriente”.

L’accordo rafforza la natura politica della partnership tra l’Unione Europea, che rappresenta il maggiore sponsor multilaterale per quanto riguarda l’assistenza internazionale ai rifugiati palestinesi, e l’UNRWA, ribadendo l’impegno europeo per la promozione dei diritti dei rifugiati palestinesi, attraverso il sostegno alla stabilità economica dell’Agenzia in un momento come quello attuale, caratterizzato da limiti finanziari e sfide operative.

A margine della cerimonia, Unione Europea e UNRWA hanno annunciato l’erogazione di 82 milioni di euro per il Bilancio di Programma UNRWA 2017. Questo importante contributo aiuterà anche a pagare i salari dei 32.000 membri dello staff locale di UNRWA – loro stessi rifugiati palestinesi, nella maggior parte dei casi – e coprirà una quota dei costi di gestione delle circa 700 scuole dell’UNRWA e dei 140 centri per l’assistenza medica di base.

Vedi:

http://www.unrwaitalia.org/attualita/news/dettaglio-news/article/lunione-europea-e-unrwa-firmano-un-nuovo-importante-accordo-e-ribadiscono-limpegno-comune-a-so/

https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/27661/join-declaration-between-eu-and-unrwa-european-union-support-unrwa-2017-2020_en

III – La Risoluzione ECOSOC sulle donne palestinesi conferma le responsabilità dell’Occupazione

Il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, riunito lo scorso 7 giugno a New York, ha adottato con 23 voti a favore, 2 contrari (Stati Uniti e Australia) e 17 astenuti una risoluzione sulla “Situazione delle donne palestinesi e assistenza nei loro confronti”, in cui chiede esplicitamente a Isreale, la potenza occupante, di adempiere ai principi del diritto internazionale per proteggere le donne plaestinesi e le loro famiglie. In particolare, la risoluzione cita il dovere, da parte di Israele, di “facilitare il ritorno alle loro case e alle loro proprietà di tutte le donne palestinesi rifugiate o trasferite forzatamente insieme ai figli”.

Hanan Ashrawi, Membro del Comitato Esecutivo dell’OLP, ha accolto con favore tali dichiarazioni, esprimendo “profonda gratitudine” a tutti i membri di ECOSOC per aver approvato a stragrande maggioranza una risoluzione dove si afferma che “l’Occupazione isrealiana resta il maggior ostacolo all’avanzamento, all’autonomia e all’integrazione delle donne palestinesi nella loro società”. Peccato, ha aggiunto, che “gli Stati Uniti e l’Australia, votando contro questa risoluzione, abbiano votato contro le donne palestinesi”.

Vedi:

https://english.palinfo.com/news/2017/6/9/ecosoc-adopts-resolution-on-palestinian-women

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=XkqjBsa91061823534aXkqjBs

 

IV – Lo sciopero delle donne

Le donne palestinesi hanno sempre dato il loro contributo alla lotta del popolo palestinese per i diritti e l’autodeterminazione. Proprio in questi giorni, dopo la solidarietà mostrata nei confronti dei prigionieri che per 40 giorni hanno sofferto lo sciopero della fame per la Libertà e la Dignità; dopo che molte madri, mogli e sorelle hanno digiunato da casa per sentirsi unite nella lotta condotta dai loro uomini; dopo tutto questo, le donne palestinesi detenute nelle carceri israeliane hanno deciso di lanciare la loro protesta contro i maltrattamenti da parte del servizio carcerario israeliano.

E’ successo il 5 giugno scorso, quando 30 di loro – attualmente nelle prigioni israeliane ve ne sono 56, di cui 13 minorenni –  hanno cominciato a rimandare indietro i pasti, rifiutando di alzarsi alla chiamata. Ciò in risposta all’annuncio che un certo numero di prigioniere sarebbe stato spostato dal carcere di HaSharon al carcere di Ramla, dove sono rinchiusi criminali comuni israeliani, e dove le donne sarebbero esposte ad ulteriori rischi sia sul piano fisico che sul piano psicologico.

Le detenute hanno inoltre denunciato l’aumento dei prezzi del magazzino alimentare gestito da una compagnia israeliana, come pure del materiale di artigianato tessile, che in passato era fornito dalle famiglie ma che ora deve essere comprato e pagato.

La protesta riguarda anche le umilianti ispezioni corporali cui sono sottoposte prima di trasferimenti e visite, e gli insulti da parte di guardie e carcerieri. E’ stato inoltre riferito che alle detenute è stato vietato di partecipare insieme all’Iftar, il pasto che rompe il digiuno quotidiano.

La protesta è avvenuta in contemporanea con l’inizio degli incontri tra l’amministrazione delle prigioni israeliane e i prigionieri palestinesi al termine dello sciopero di questi ultimi, che  tra le richieste fatte alle autorità carcerarie israeliane, avevano esplicitamente incluso alcune misure riguardanti le detenute – tra cui l’accesso a materiali di artigianato e la fine dei trasferimenti abusivi e dei maltrattamenti. Tuttavia, le madri di diverse detenute, tra cui Shatila Abu Ayyad e Nurhan Awad, hanno riferito che le loro figlie hanno visto solo peggioramenti n

ella loro condizione, probabilmente come rappresaglia per lo sciopero degli uomini.

Anche il responsabile della “Commissione per i prigionieri”, Issa Qaraque, ha confermato gli abusi nei confronti delle prigioniere, e la continuazione delle perquisizioni da parte di militari maschi anziché da parte di donne, come richiesto.

Vedi:

http://www.maannews.com/Content.aspx?id=777519