Newsletter No 49 – 12/12/2016

“Le ultime mosse di Israele mostrano come il suo governo estremista sia certo che la comunità internazionale non interverrà”

Saeb Erekat, Segretario Generale del Comitato Esecutivo dell’OLP

Indice:

  1. In attesa di una Risoluzione ONU sugli insediamenti
  2. Paura nel campo profughi di Aida
  3. Le forze di occupazione contro la Cooperazione Italiana
  4. L’Europa contro la detenzione amministrativa

I – In attesa di una Risoluzione ONU sugli insediamenti

Dall’incontro per il Dialogo Politico tra gli USA e la Palestina che si è tenuto a Washington il 12 dicembre è emerso che la soluzione dei due Stati resta l’unica possibile per conseguire la pace in Medio Oriente, stando al comunicato congiunto delle due delegazioni coinvolte. Entrambe hanno poi confermato “il significato della nonviolenza come scelta ormai consolidata dell’OLP”. Un’OLP guidato in questa occasione dal Segretario Generale del suo Comitato Esecutivo, Saeb Erekat, e molto impegnato nel contrastare la politica di espansione coloniale di Israele, con particolare riferimento ai recenti tentativi di legalizzazione degli avamposti. Una settimana prima di incontrare la delegazione statunitense, lo stesso Erekat aveva infatti sottolineato che “tutti gli insediamenti israeliani nella Palestina Occupata sono illegali, indipendentemente da qualsiasi legge approvata dal parlamento o da qualunque decisione presa da un giudice israeliano”. Non è la prima volta, aveva continuato il rappresentante dell’OLP, che Israele cerca di “legalizzare” crimini di guerra, confidando nella propria impunità. Per questo l’Autorità Palestinese sta da tempo lavorando a una risoluzione ad hoc contro gli insediamenti, da presentare al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in cui si riafferma, secondo la bozza ormai in circolazione, che gli insediamenti “rappresentano il maggior ostacolo al raggiungimento della pace sulla base della soluzione dei due Stati”.

Vedi:

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=PHqSp7a51840082404aPHqSp7

http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Palestinians-bring-draft-anti-settlement-resolution-to-UN-lobby-Obama-475091

https://www.nad.ps/en/media-room/press-releases/plo-secretary-general-dr-saeb-erekat-latest-israeli-steps-regarding

II – Paura nel campo profughi di Aida

Nel corso delle ultime settimane sono aumentate le intimidazioni dell’esercito israeliano contro i rifugiati palestinesi del campo di Aida, a Nord di Betlemme. Sembra incredibile, ma i rifugiati – che sono rifugiati perché scacciati dalle loro case durante le diverse occupazioni della terra palestinese – non hanno mai smesso di essere bersaglio delle aggressioni israeliane. La novità consiste nell’escalation di azioni militari, che hanno ormai prodotto una vera e propria “atmosfera di terrore” all’interno del campo, come raccontano alcuni residenti.

Il campo di Aida ospita circa 5.500 palestinesi e si trova molto vicino al Muro dell’Apartheid, che separa la Tomba di Rachele dalla popolazione palestinese, e ad una base militare israeliana. Da questa base partono le provocazioni dei soldati, che se nel corso degli ultimi mesi hanno cominciato a prendere sempre più di mira i bambini del campo puntando loro i fucili contro, hanno anche incrementato l’uso di strumenti di tortura collettiva come i riflettori con cui impediscono il sonno nelle case.

Il Portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione (UNRWA) dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente, Chris Gunness, ha espresso speciale preoccupazione per l’uso di veri e propri proiettili da parte dei militari, che hanno causato un numero record di morti e feriti nel 2016.  Per non parlare di quello che ha definito “un uso sconsiderato dei gas lacrimogeni contro un campo così denso di popolazione come quello di Aida”, dove persone vulnerabili come donne, anziani e bambini risentono gravemente delle inalazioni.

Vedi:

https://www.maannews.com/Content.aspx?id=774372

III – Le forze di occupazione contro la Cooperazione Italiana

In uno dei ripetuti tentativi di impedire la presenza palestinese sulle colline a Sud di Hebron, il 13 dicembre le forze di occupazione israeliane hanno sequestrato una roulotte utilizzata come ambulatorio nel villaggio di Al-Markaz, parte della comunità beduina di Masafer Yatta.

Il mezzo era stato donato dalla Cooperazione Italiana come parte dell’assistenza umanitaria fornita dall’Unione Europea ai cittadini palestinesi che vivono in condizioni particolarmente difficili come quelle dell’Area C della Cisgiordania, sotto il controllo militare e amministrativo di Israele.

I membri di questa comunità sanno che la loro permanenza è resa impossibile dalle autorità israeliane che vogliono costringerli ad andare via per fare largo agli insediamenti che si stanno espandendo nei dintorni.

L’Unione Europea ha più volte denunciato la distruzione da parte di Israele di suoi progetti, pensati per aiutare proprio queste persone.

Vedi:

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=tpgdBBa51839130651atpgdBB

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=0pPhnoa51856262205a0pPhno

IV – L’Europa contro la detenzione amministrativa

Il Rappresentante dell’Unione Europea, i Capi Missione della UE e quelli di Svizzera e Norvegia a Gerusalemme e Ramallah il 9 dicembre hanno espresso la loro preoccupazione per l’uso eccessivo, da parte di Israele, della detenzione amministrativa contro i palestinesi.

In particolare, l’attenzione dei diplomatici si è soffermata sul caso di Mohammed Abu Sakha, un istruttore della Scuola di Circo Palestinese, che ha appena trascorso un anno in detenzione amministrativa senza capi d’accusa dichiarati, con la possibilità che questa detenzione sia prolungata. E sulle condizioni di salute in netto peggioramento di Anas Shadid, 19 anni, e Ahmad Abu Fara, 29, in sciopero della fame da più di due mesi per protestare contro la propria detenzione amministrativa.

Al momento ci sono più di 700 palestinesi in detenzione amministrativa, un numero che è raddoppiato nel corso dell’ultimo anno e mezzo.

Nel comunicato delle missioni si legge che “L’Unione Europea, la Svizzera e la Norvegia chiedono il pieno rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario nei confronti di tutti i prigionieri. I detenuti hanno il diritto di essere informati dei capi d’accusa che sottendono alla loro detenzione, devono avere accesso all’assistenza legale e godere di un processo equo.

Vedi:

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=xH32dFa51816288579axH32dF