Newsletter No 1 – 23/11/2015

“La giustizia politica e quella sociale sono le colonne portanti di una vera pace”

Mai Alkaila, Ambasciatrice di Palestina in Italia

Indice:

  1. Informazioni per la stampa e per tutti
  2. La Palestina condanna gli attacchi dell’Isis – “Daesh”
  3. Irruzioni dell’esercito israeliano negli ospedali palestinesi
  4. Arresti, interrogatori, tortura e fuoco per i piccoli palestinesi

 

I – Informazioni per la stampa e per tutti

Come prima informazione, diremmo preliminare a qualsiasi altra, vorremo ricordare alcuni punti cruciali a cui si può far riferimento quando scriviamo o parliamo della Palestina.

 

  1. Israele occupa lo Stato di Palestina

Non si tratta di un conflitto tra pari ma di un’occupazione militare aggressiva, per cui Israele è la forza occupante e la Palestina la nazione sotto occupazione straniera. Israele ha sistematicamente negato i diritti inalienabili del popolo palestinese, compresi il diritto alla libertà e all’autodeterminazione. Israele impone una politica di trasferimenti forzati della popolazione locale palestinese per sostituirla con coloni stranieri.

 

  1. La questione fondamentale è l’Occupazione israeliana

Il governo israeliano cerca di distogliere l’attenzione dalla sua politica di colonizzazione e di occupazione illegale, che è la vera causa delle rivolte di una popolazione come quella palestinese, costretta a sopportare da diversi decenni un regime di apartheid. Anche se i portavoce del governo israeliano sostengono che il problema siano la Moschea Al-Aqsa situata nella parte orientale di Gerusalemme e le provocazioni dei palestinesi, la verità consiste nel fatto incontestabile che Israele continua a negare sistematicamente i diritti dei palestinesi. Sono i leader israeliani a provocare i palestinesi e la “questione Al-Aqsa” non è alla base del problema.

 

  1. Il riconoscimento di Israele da parte della Palestina è stato ricambiato con un aumento della colonizzazione

Nel 1988 l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) acconsentì ad uno storico compromesso: riconoscendo a Israele più del 78% del territorio della Palestina, dichiarò che lo Stato palestinese coincideva con il 22% della patria.  Da quel momento sono passati 28 anni e Israele non ha ancora riconosciuto l’esistenza o il diritto di esistere di uno Stato di Palestina indipendente. Invece, Israele ha deciso di rafforzare la sua occupazione aggressiva, continua a colonizzare la Palestina, e impone alla popolazione palestinese un regime di apartheid. Di fatto, da quando la Palestina ha riconosciuto Israele, il numero dei coloni è triplicato (da 190.000 a circa 600.000).

 

  1. La politica ufficiale di Israele non è la soluzione che prevede “due Stati”, ma sono i trasferimenti forzati e gli insediamenti dei coloni

Alla vigilia delle elezioni del marzo 2015, Netanyahu ha promesso ai suoi elettori: “Se verrò eletto, non ci sarà uno Stato palestinese”. Cosa ribadita dal suo governo, quando Ayelet Shaked ha dichiarato che “non ci sarà mai uno Stato palestinese”. Anche la Vice-ministra degli esteri israeliana, Tzipi Hotovely, è stata chiara sulle intenzioni del governo: “Tutta la terra è nostra”. Oggi Israele continua a rifiutare la soluzione che prevede due Stati, mentre le politiche di espansione degli insediamenti e di trasferimento forzato annichiliscono l’aspirazione dei palestinesi alla pace e alla sicurezza.

 

  1. Gerusalemme Est è parte integrante dello Stato di Palestina Occupato

Gerusalemme Est è stata occupata da Israele nel 1967 e successivamente annessa dalle forze di occupazione in violazione del diritto internazionale. Nonostante le rivendicazioni e gli sforzi di Israele di modificare la narrazione storica della città occupata, 360.000 Palestinesi vivono a Gerusalemme Est rappresentando il 40% della popolazione della città, lo status giuridico di Gerusalemme Est è quello di territorio occupato, e così bisogna continuare a riferirsi ad esso.

 

  1. Gli insediamenti israeliani a Gerusalemme Est Occupata sono illegali come quelli nel resto dello Stato di Palestina Occupato

Israele si riferisce agli insediamenti illegali di Gerusalemme Est Occupata come al “vicinato”, per normalizzare l’annessione della capitale palestinese occupata. In realtà, quegli insediamenti illegali hanno lo stesso status giuridico degli altri insediamenti nella Palestina Occupata e coloro che li abitano sono altrettanti coloni illegali.  Pisgat Ze’ev, Gilo, la Collina francese, Neve Ya’akoub, Har Homa, Ramat Shlomo, Giva’at Hamatos, Talpiyot Est (Armon HaNetziv) e Ramot sono alcuni degli insediamenti illegali israeliani e così sarebbe corretto definirli. 

 

  1. Il complesso della Moschea Al-Aqsa è sotto occupazione israeliana come il resto di Gerusalemme

Alcuni organi di stampa hanno preferito chiedersi se il complesso della Moschea Al-Aqsa sia più sacro per i musulmani o per gli ebrei, anziché osservare che questo luogo sacro musulmano si trova sotto occupazione israeliana, come il resto della Città Vecchia di Gerusalemme Est Occupata. Il diritto internazionale proibisce tassativamente l’interferenza delle forze occupanti con le istituzioni degli occupati, ma Israele ha effettivamente interferito e cambiato lo status quo dei luoghi di preghiera cristiani e musulmani nonché delle istituzioni presenti a Gerusalemme Est Occupata.

 

  1. Israele ha effettivamente cambiato lo status quo di Al-Aqsa

Il complesso di Al-Aqsa è un luogo sacro che include due moschee (il Duomo della Roccia e Al-Qibli) così come spazi aperti per la preghiera. Lo status quo delle aree religiose, che regola i diritti di chi prega, il diritto d’accesso ai luoghi di preghiera, ma anche gli scavi e il mantenimento dei luoghi sacri, risale al Periodo Ottomano.  Tuttavia dal 1967 Israele, la forza occupante, ha effettivamente cambiato lo status quo di Al-Aqsa attraverso l’applicazione di diverse politiche, tra cui attacchi terroristici, la distruzione della Minbar, antica pedana per la preghiera di Salah ad-Deen al Ayyubi (nel 1969), diversi raid militari e assalti al Complesso, compreso quello guidato dall’ex Primo Ministro israeliano Ariel Sharon (nel 2000), scavi illegali non autorizzati, la distruzione di 20 tombe islamiche per fare posto al “Giardino Biblico Ebraico” (nel 2014), e la chiusura sistematica del luogo sacro. Secondo lo status quo, il custode della Fondazione pia islamica (Waqf) è amministratore e responsabile del sito. Ciò nonostante, le forze di occupazione israeliane restringono l’accesso ai fedeli palestinesi, entrano regolarmente senza autorizzazione, e impediscono la libertà di culto.  Nel 2012 sono stati imposti limiti di età ai credenti musulmani in almeno tre occasioni. Nel 2014, in 41 occasioni. Inoltre, Israele ha chiuso il Complesso a tutti i musulmani che volessero pregare e ai turisti che avrebbero voluto visitarlo per l’intera giornata del 30 ottobre 2014, per la prima volta dopo 14 anni. Anche le telecamere per trasmettere alle forze occupanti quel che accade in questo luogo costituisce una violazione dello status quo.

  1. La protezione internazionale è un diritto del popolo palestinese

Dopo mezzo secolo di occupazione militare aggressiva, i civili palestinesi continuano a subire le ripercussioni delle politiche di Israele, dei trasferimenti forzati e delle punizioni collettive. Tutto ciò è stato possibile grazie ad una impunità senza precedenti riservata a Israele da molti attori internazionali, compreso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU.  Casi come gli attacchi su vasta scala a Gaza, il terrorismo praticato dai coloni, le aggressioni delle forze occupanti a danno della popolazione civile, così come le espulsioni, non rappresentano eccezioni, ma la realtà quotidiana sotto l’occupazione israeliana. La protezione internazionale è un diritto internazionalmente riconosciuto al nostro popolo ed è responsabilità della comunità internazionale garantirlo. 

  1. Il diritto internazionale, le risoluzioni dell’ONU e gli accordi devono essere applicati, non “negoziati”

In risposta alla situazione attuale, molti partner internazionali hanno chiesto di riprendere i negoziati con Israele. Sebbene la Palestina sostenga una soluzione negoziata per i “due Stati”, sussistono dei requisiti fondamentali affinché i negoziati siano significativi e non un semplice esercizio di relazioni pubbliche volto a rafforzare l’impunità di Israele. In primis, il pieno adempimento degli obblighi rispetto ai quali Israele si è impegnato firmando degli accordi. Tra questi, la piena cessazione delle attività degli insediamenti, la liberazione dei prigionieri palestinesi e la riapertura delle istituzioni palestinesi a Gerusalemme Est costituiscono una condizione imprescindibile perché qualsiasi negoziato sia credibile. Termini di riferimento chiari, basati sul diritto internazionale e comprendenti sia la tempistica sia la fine dell’occupazione cominciata nel 1967, sono altrettanto necessari. Qualsiasi processo politico dovrebbe portare all’applicazione del diritto internazionale e delle Risoluzioni ONU, non al rafforzamento dell’occupazione, della colonizzazione, dell’apartheid e dell’impunità di Israele.

Vedi:

http://nad-plo.org/userfiles/file/Press%20release/KEYPOINTS.pdf

II – La Palestina condanna gli attacchi dell’Isis “Daesh”

L’Ambasciatrice dello Stato di Palestina in Italia, Mai Alkaila, ha condannato duramente gli attentati terroristici di Parigi, sottolineando l’importanza di impiegare, insieme alle opportune misure di sicurezza, gli strumenti della politica e della cultura per sconfiggere la violenza dell’Isis. Gli attentati di Parigi, come quelli di Beirut e l’abbattimento dell’aereo russo, rappresentano crimini contro l’umanità che richiedono la cooperazione tra i diversi Paesi, come ha giustamente sottolineato Saeb Erekat, Segretario del Comitato Esecutivo dell’OLP. Come nazione che soffre da anni una forma molto violenta di terrorismo di Stato, la Palestina chiede una volta di più, a nome di tutte le vittime del terrorismo, la collaborazione della comunità internazionale perché giustizia sia fatta. Non sorprende che domenica scorsa il primo ministro Benjamin Netanyahu abbia aperto la riunione settimanale del governo israeliano sentenziando: “E’ ora che il mondo condanni gli attacchi terroristici contro gli ebrei in Israele così come condanna gli attentati perpetrati venerdì notte a Parigi”. Non sorprende ma è basato su un falso assunto, che i palestinesi siano dei terroristi e che abbiano qualcosa a che fare con gli altri terroristi. Quando i terroristi – da al-Qaida all’Isis – hanno parlato di Palestina, lo hanno fatto a scopo retorico o per condannare gli infedeli che la governano, non certo per accostare la propria attività a quella della resistenza pacifica palestinese.

Vedi:

http://nad-plo.org/etemplate.php?id=596

http://www.israele.net/netanyahu-in-israele-come-in-francia-il-terrorismo-e-terrorismo

http://www.infopal.it/cio-che-lisis-dice-quando-parla-di-palestina-perche-dovremmo-preoccuparci/

III – Irruzioni dell’esercito israeliano negli ospedali palestinesi

Il giovane Azzam Shalaldah è stato rapito e suo cugino Abdullah Shalaldah è stato ucciso in ospedale per mano dell’esercito israeliano. Nelle prime ore del mattino del 12 novembre soldati appartenenti alla sezione “Mistaravin”, travestiti da palestinesi, hanno fatto irruzione in un ospedale di Hebron (Cisgiordania) con le mitragliette nascoste sotto i vestiti. Abdullah stava assistendo Azzam che era ricoverato in seguito a un ferimento da arma da fuoco: un colono gli aveva sparato mentre raccoglieva le olive. Adesso Azzam è accusato di aver tentato di accoltellare quel colono e Abdullah è morto. “Non è possibile che tutto ciò avvenga senza una condanna da parte di tutta la comunità internazionale”, sostiene Luisa Morgantini, presidente di AssoPacePalestina e già vice-presidente del Parlamento Europeo. “Invitiamo tutti gli italiani democratici che hanno a cuore i diritti umani di tutti i popoli a protestare inviando lettere all’ambasciata israeliana di Roma. Atti come questi non devono più accadere senza rimanere impuniti. Il commando israeliano ha rapito un ferito dal suo letto, ha assassinato un civile inerme e innocente, ha violato la neutralità di un luogo di cura e messo a repentaglio la vita di altri pazienti e operatori sanitari”. Ciò che è accaduto a Hebron ha altri precedenti in ospedali palestinesi. Due settimane prima, l’esercito israeliano aveva fatto irruzione nell’ospedale Makassed di Gerusalemme Est per ben tre volte e forzato l’accesso alle cartelle cliniche dei pazienti, violandone la privacy. La struttura sanitaria è stata inoltre ripetutamente esposta al lancio di gas lacrimogeni che hanno colpito il personale e i pazienti. “La nostra Associazione sottoscrive l’appello lanciato dalla Società Palestinese di Soccorso Medico (PMRS) che chiede il rispetto del diritto internazionale in tutte le case di cura dei Territori Occupati” prosegue Luisa Morgantini, che conclude: “Auspichiamo che anche le forze politiche e sociali italiane e i rappresentati del mondo della sanità del nostro Paese si uniscano a noi e protestino con forza contro le continue violazioni delle più elementari norme del vivere civile”. Servono certamente misure di prevenzione contro simili attacchi nel futuro.

Vedi:

http://www.assopacepalestina.org/2015/11/comunicato-assopace-basta-impunita-per-il-governo-israeliano/

https://www.amnesty.org/en/latest/news/2015/11/israel-opt-investigate-apparent-extrajudicial-execution-at-hebron-hospital/

http://www.imemc.org/article/73820?utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter#.VkRCfawqv_s.facebook

IV – Arresti, interrogatori, tortura e fuoco per i piccoli palestinesi

L’escalation delle rappresaglie israeliane sta colpendo anche i bambini palestinesi, vittime di arresti indiscriminati, pesantissimi interrogatori durante i quali non sono accompagnati da nessun avvocato o adulto di riferimento, e perfino tortura. Questi ragazzi frequentano scuole avvolte dai gas lacrimogeni che vengono lanciati contro di loro quotidianamente. Ahmad Dawabshi, invece, è un bimbo di 5 anni rimasto bruciato in seguito all’incendio appiccato da un gruppo di coloni a casa sua, nel villaggio di Duma in Cisgiordania. Lui è l’unico sopravvissuto ma non è ancora uscito dall’ospedale, i genitori e il fratellino sono bruciati vivi.

Vedi:

http://english.palinfo.com/site/pages/details.aspx?itemid=74821#.VkMQlzvYXzs.facebook

http://www.aljazeera.com/news/2015/11/children-hebron-afraid-151109133313840.html

https://www.facebook.com/Invictapalestina/posts/957353507645197

http://972mag.com/pilot-limiting-night-arrests-of-palestinian-kids-falls-short/113646/