Newsletter No 35 – 1/8/2016

All’alba…resisterò…Finché sul muro non sarà rimasto un ultimo foglio bianco…E le mie dita non si saranno dissolte del tutto”

 Mu’in Bseiso, poeta palestinese

Indice:

  1. Emergenza piscina
  2. La Croce Rossa taglia le visite ai prigionieri
  3. Abu Mazen contro l’odio religioso
  4. Presto elezioni in Palestina
  5. Il calcio non guasta

I – Emergenza piscina

Venerdì 24 giugno il deputato della Knesset Bezalel Smotrich, del partito “Casa Ebraica” (destra ultranazionalista rappresentante dei coloni fondamentalisti nazional-religiosi), ha twittato: “Non si scherza: siamo tornati indietro di 100 anni!”, riferendosi alle condizioni disastrose, da un punto di vista idrico, in cui sarebbero precipitati gli insediamenti.

Lo stesso giorno, il settimanale sionista-religioso Makor Rishon pubblicava un articolo intitolato “La crisi dell’acqua in Giudea e Samaria” (la Cisgiordania nella denominazione dei nazionalisti israeliani): a quanto pare, nella colonia di Eli erano stati distribuiti ai residenti grandi contenitori di acqua potabile.

Dopo tutto, fin dall’inizio di giugno, quando Mekorot, l’impresa nazionale dell’acqua, ha iniziato a ridurre fino al 50% le forniture idriche riservate ai palestinesi nelle zone di Salfit e Nablus, i portavoce israeliani avevano sostenuto che era in atto una riduzione anche nelle colonie.

Per tutti questi motivi, Amira Hass, scrittrice e giornalista israeliana, è voluta andare a verificare la scarsezza d’acqua che starebbe portando la gente “tra la follia e la disperazione” ad Eli. E ha cercato persone in fila per l’acqua. Però non le ha trovate. In compenso, racconta la giornalista di Hareetz, nel centro di Eli ha incrociato ragazze che portavano borse con asciugamani e costumi da bagno. Andavano in piscina. Da dietro la recinzione si potevano sentire il rumore dell’acqua e le grida allegre dei bagnanti. L’erba attorno alla piscina era naturale e verde.

Una volta constatato che la piscina era salva, Hass ha voluto comunque approfondire quanto sostenuto dal responsabile delle infrastrutture del consiglio regionale, secondo il quale “Il problema è l’eccessivo consumo dovuto all’aumento della popolazione (dei coloni) e al consumo dell’acqua per l’agricoltura.” Effettivamente i colori sembrerebbero la causa del proprio male, se, come sostiene un ricercatore indipendente, nei blocchi di insediamenti che circondano Shiloh stanno coltivando circa 274 ettari di terra palestinese, di cui 213 ettari sono terre private dei palestinesi.

Negli ultimi anni i coloni hanno scoperto che la pirateria (contrapposta al furto di Stato) per fini agricoli facilita l’appropriazione di terreni palestinesi più efficacemente di quanto non facciano la costruzione di ville o di case prefabbricate.

L’esercito israeliano, impedendo ai legittimi proprietari palestinesi di raggiungere la propria terra, ha reso possibile questa forma di pirateria. Purtroppo, questa agricoltura privata illegale determina anche l’aumento nel consumo di acqua a spese dei palestinesi, della loro agricoltura, e dell’acqua potabile, che non avanza per nessuna piscina.

Vedi:

http://www.haaretz.com/israel-news/.premium-1.727212

http://zeitun.info/2016/07/10/sono-andata-a-vedere-il-dramma-delle-colonie-inaridite-ho-trovato-una-piscina/

II – La Croce Rossa taglia le visite ai prigionieri

Il 28 luglio i prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane hanno organizzato uno sciopero della fame di un giorno per protestare contro la decisione del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) di ridurre ad una, anziché due, il numero di visite mensili finanziate e quindi di fatto concesse ai loro familiari.

La Società dei Prigionieri Palestinesi (PPS) ha spiegato che la decisione di indire questo sciopero è scaturita dopo che l’ICRC ha chiesto alle famiglie dei prigionieri di pagarsi da sole una delle due visite per cui la Croce Rossa prevede di svolgere una mera funzione di coordinamento con le autorità carcerarie israeliane.

La PPS ha quindi sottolineato come questa forzatura porti all’ulteriore inasprimento delle sofferenze patite dai prigionieri e dai loro familiari, considerando il fatto che i prigionieri sono separati in molti modi dalle loro famiglie, in palese violazione dell’articolo 76 della Quarta Convenzione di Ginevra, secondo il quale “le persone accusate di reati devono essere detenute nel Paese occupato, dove in caso di condanna devono poter scontare la pena”.

I prigionieri palestinesi sono invece imprigionati all’interno del territorio della potenza occupante e i loro familiari devono chiedere permessi speciali per poterli visitare. Permessi spesso negati o concessi in ritardo, che quando vengono approvati richiedono mesi per essere esaminati. Addameer (in arabo “coscienza”), un’associazione che si occupa dei detenuti palestinesi, osserva ad esempio che “ogni membro della famiglia di sesso maschile e di età compresa tra i 16 e i 35 è tipicamente escluso dalle visite.”

Israele si impegna in pratiche sistematiche volte a scoraggiare le famiglie, che includono, oltre alla negazione dei permessi o, all’ultimo momento, della visita, molteplici posti di blocco e perquisizioni, aree di attesa sporche e scomode, il divieto di portare qualcosa, e, in generale, un processo lungo e difficile, soprattutto per i genitori anziani o i giovani figli dei detenuti.

Negando alle famiglie palestinesi la loro seconda visita mensile, l’ICRC partecipa così alla politica israeliana che compromette, riduce al minimo o nega le visite dei familiari. La Croce Rossa dovrebbe in vece far fede alla sua responsabilità di proteggere le persone che vivono sotto l’occupazione, lavorando per rimuovere gli ostacoli che Israele pone alle visite familiari e ponendo fine alle sue violazioni delle Convenzioni di Ginevra, piuttosto che approvare tagli di bilancio per coloro che sono più vulnerabili e non hanno la possibilità di sopportare tali misure. Le famiglie palestinesi non hanno infatti altri mezzi per assicurare le visite ai loro familiari.

Vedi:

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=qxWmqta37898804460aqxWmqt

https://invictapalestina.wordpress.com/2016/05/31/take-action-stop-ai-gravi-tagli-che-icrc-impone-alle-visite-dei-familiari-dei-prigionieri-palestinesi/

 

III – Abu Mazen contro l’odio religioso

“Siamo sconvolti dall’attacco barbaro alla chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, in cui abbiamo perso il parroco Jacques Hamel. A nome dello Stato di Palestina e del popolo palestinese, e a nome mio personale, condanno la vile e odiosa azione terroristica e qualsiasi giustificazione si osi dare in nome della religione a questi atti contro l’umanità”. Così il Presidente della Palestina Abu Mazen si rivolge a Papa Francesco, nella lettera di condoglianze da lui inviata al Pontefice dopo l’efferato assassinio dell’anziano sacerdote, sgozzato il 26 luglio da due terroristi mentre stava celebrando la messa nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, vicino a Rouen. “Saremo sempre fianco a fianco” si legge nel messaggio presidenziale ripreso dall’agenzia Fides, “per diffondere l’amore, la misericordia e la giustizia contro l’odio e l’integralismo, e per far crescere insieme giustizia e pace a vantaggio di tutta l’umanità”.

Anche i vescovi ordinari cattolici di Terra Santa avevano immediatamente diffuso un messaggio di condoglianze rivolto alla Chiesa e a tutti i francesi. “Dalla Terra Santa che continua a soffrire violenze e instabilità” si legge nel messaggio pubblicato dai media ufficiali del Patriarcato latino di Gerusalemme, “alziamo le nostre voci esortando a mettere fine all’uso della violenza in nome della religione, utilizzando piuttosto la religione come via per promuovere il rispetto reciproco e la comprensione tra i popoli. In queste occasioni, noi credenti – hanno sottolineato i vescovi cattolici di Terra Santa – dobbiamo pregare l’Onnipotente affinché custodisca l’unità tra i popoli per porre fine a ogni forma di terrorismo, e ispiri i responsabili del mondo ad agire consapevolmente e in modo risoluto, per sradicare il terrorismo e le sue cause dalle regioni che patiscono questo terribile flagello”.

Vedi:

http://it.radiovaticana.va/news/2016/07/27/abu_mazen_al_papa_no_a_chi_giustifica_terrore_con_religione/1247054

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/ContentItem-154433e1-4d5c-48af-afd4-7cbdd0b26218.html

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/attacco-di-rouen-abu-mazen-al-papa-sconvolti-condanniamo-atto-_3022662-201602a.shtml

IV – Presto elezioni in tutta la Palestina

Più di due milioni di persone si sono registrate nelle liste per le elezioni amministrative che per la prima volta in dieci anni si terranno ad ottobre sia in Cisgiordania sia a Gaza. “È stato un successo” ha detto Fareed Taamallah, Direttore delle pubbliche relazioni del Cec (Comitato elettorale centrale). Secondo il Cec, due terzi dei votanti avranno meno di 40 anni. I partiti registrati fino ad ora sono 14, inclusi Al-Fatah, le liste della Sinistra marxista e due liste centriste, una delle quali guidata dall’ex premier Salam Fayyad. Hamas, che in passato si era pronunciato per un boicottaggio del voto, quest’anno ha fatto sapere con un comunicato che sosterrà “candidati tecnici” attivi nelle organizzazioni della società civile, del volontariato e dell’accademia. Ancora incerta invece la partecipazione della Jihad islamica. Per assicurare il corretto funzionamento delle elezioni, il Cec ha intanto iniziato la registrazione di osservatori indipendenti locali e internazionali nonché della stampa.

Vedi:

http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/politica/2016/07/27/mo-anp-piu-di-2-milioni-di-persone-registrate-per-elezioni_ce3d8b77-5a48-43f3-ab3b-4eebab1f9810.html

http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2016/05/palestine-local-council-elections-west-bank-not-in-gaza.html

V – Il calcio non guasta

Il principale evento sportivo dell’anno nei Territori Palestinesi, la Coppa di Palestina, che consiste in una sfida di andata e ritorno valida per la qualificazione alla Champions League d’Asia, è cominciata il 26 luglio con una partita che ha visto fronteggiarsi la squadra di Gaza e la squadra della Cisgiordania vincitrici dei rispettivi campionati. Gli Shabab Khan  Yunis, della seconda città della Striscia di Gaza, hanno infatti ospitato l’Ahly Al-Khalil di Hebron, che ha vinto per 1-0 la gara di apertura. Il ritorno si sarebbe dovuto giocare il 30 luglio, ma se già all’andata il permesso di raggiungere Gaza per la partita non era stato concesso a tutti i giocatori dell’Ahly Al-Khalil, in occasione della gara di ritorno l’arrivo in Cisgiordania è stato impedito a 6 giocatori compreso il portiere, all’allenatore e al portavoce della squadra. Per questo, la partita è stata rimandata e l’Associazione Calcio Palestinese ha chiesto aiuto alla comunità internazionale. Il calcio è un’importante valvola di sfogo per i giovani dei Territori Palestinesi, vessati dall’occupazione sotto cui sono costretti a vivere, dalla conseguente gravissima situazione economica che genera a sua volta picchi di disoccupazione molto elevata, e dalla chiusura delle frontiere.

Vedi:

https://www.middleeastmonitor.com/20160727-west-bank-football-team-beats-gaza-team-1-0/

http://www.askanews.it/esteri/calcio-coppa-di-palestina-gaza-hebron-0-1-nella-gara-di-andata_711867620.htm

http://www.haaretz.com/israel-news/.premium-1.734307

http://www.i24news.tv/en/news/sport/121464-160731-palestinian-fa-seeks-international-help-after-israel-bars-gazan-players-from-west-bank