Newsletter No 66 – 28/4/2017

“Mio padre era e resta un sostenitore della soluzione dei due Stati”

Qassam Barghouthi

Indice:

  1. Un bbq davanti a chi fa lo sciopero della fame
  2. La Gran Bretagna rivendica ma rettifica Balfour
  3. Fallisce l’ultimatum israeliano alla Germania
  4. Emergenza acqua potabile a Gaza

I – Un bbq davanti a chi fa lo sciopero della fame

Lo sciopero della fame dei prigionieri palestinesi va avanti, coinvolgendone ormai 1.800 tra l’angoscia dei familiari per le loro condizioni di salute, le ritorsioni dei carcerieri, e perfino i dispetti di alcuni cittadini israeliani, che hanno creduto bene di organizzare un bbq davanti a una prigione per deridere e fiaccare la volontà dei detenuti facendogli annusare un po’ di carne alla brace. Secondo quanto denunciato dall’Associazione dei Prigionieri Palestinesi e dal Comitato per i Prigionieri dell’Autorità Nazionale, il 25 aprile forze speciali israeliane hanno addirittura compiuto un raid dentro la prigione di Nafha e lanciato gas lacrimogeni.

Ma continuano anche le dimostrazioni di solidarietà e le azioni politiche a sostegno dei prigionieri.  Il Comitato nazionale a sostegno dei prigionieri in sciopero della fame, dopo aver fatto appello alla popolazione dei Territori Occupati perché boicotti i prodotti israeliani venduti nei loro supermercati chiedendo ai commercianti di svuotare gli scaffali di beni provenienti da Israele, ha indetto per giovedì 27 aprile uno sciopero generale a cui hanno aderito tutti gli enti pubblici e privati, comprese scuole, università, negozi e trasporti dei Territori Occupati, con la sola eccezione dei servizi sanitari e degli istituti scolastici dove erano in corso degli esami.

Per il giorno successivo, venerdì 28 aprile, Al Fatah ha invece proclamato la “Giornata della Rabbia”, durante la quale dimostrare la propria vicinanza ai prigionieri intensificando le proteste di popolo contro le forze di occupazione “in tutte le zone di contatto”, tra il Muro dell’Apartheid e la Linea Verde. Apertamente al fianco dei detenuti si sono schierati anche i cristiani palestinesi, attraverso una dichiarazione di Kairos Palestine, che “considera intollerabile vedere i detenuti impegnati in uno sciopero della fame totale per ottenere diritti fondamentali e risposte ad esigenze umanitarie che dovrebbero essere garantite loro in qualità di esseri umani e sono previste per tutti dal diritto internazionale”. Secondo i cristiani palestinesi, “E’ tempo che Israele modifichi la sua posizione e si renda conto che la sua sicurezza non dipende dalle sue prigioni ma dal riconoscimento della libertà e della dignità del popolo palestinese”.

Sul fronte internazionale, il gruppo della Sinistra Europea ha denunciato le “pessime condizioni” dei detenuti, ricordando che “Israele detiene i prigionieri politici palestinesi in condizioni che violano i loro diritti umani fondamentali”, nelle parole del Vice-Presidente Gue e Presidente della Commissione del Parlamento Europeo per i Rapporti con la Palestina Neoklis Sylikiotis, che ha aggiunto: “Ai prigionieri sono negate le visite dei loro famigliari e le necessarie cure mediche; inoltre, molti di loro sono detenuti senza alcuna accusa a carico e restano senza processo per lunghi periodi. Si tratta di una forma di tortura psicologica che non possiamo tollerare”. Infine, “Israele continua a ignorare il diritto internazionale. Il trasferimento di prigionieri al di fuori dei Territori Occupati, in Israele, viola le Convenzioni di Ginevra”, ha concluso Sylikiotis.

Vedi:

http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Far-right-activists-hold-barbecue-to-taunt-hunger-striking-Palestinians-488462

http://www.kairospalestine.ps/index.php/kairos-palestine-blog/228-kairos-palestine-statement-on-prisoners-hunger-strike

http://nena-news.it/palestina-nove-giorni-a-digiuno-la-mobilitazione-popolare/

https://www.maannews.com/Content.aspx?id=776594

http://www.eunews.it/2017/04/25/la-gue-con-i-prigionieri-palestinesi-in-sciopero-della-fame-da-israele-trattamento-inumano/83751

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=pkDzMma81170254605apkDzMm

https://www.maannews.com/Content.aspx?id=776709

 

II – La Gran Bretagna rivendica ma rettifica Balfour

“La Dichiarazione di Balfour è un’affermazione storica per cui il governo di Sua Maestà non intende scusarsi. Siamo fieri del nostro ruolo nella creazione dello Stato di Israele. La sfida adesso è quella di promuovere passi verso la pace”, ha affermato il Ministero degli Esteri britannico il 25 aprile. Si tratta di una risposta ufficiale alla richiesta formulata dal Presidente dello Stato di Palestina, Abu Mazen, secondo il quale sarebbe opportuno che la Gran Bretagna si scusasse per la Dichiarazione dell’allora Ministro degli Esteri Arthur Balfour e cancellasse le celebrazioni dedicate al suo centenario, che cade il prossimo 2 novembre.

Tuttavia, pur restando una risposta negativa ad una domanda legittima, la nota del Ministero contiene elementi di critica verso la Dichiarazione del 1917, sostenendo infatti che quel documento “Avrebbe dovuto esigere la protezione dei diritti politici delle comunità non ebraiche, con particolare riferimento al loro diritto all’autodeterminazione”, non fermandosi   ai “diritti civili e religiosi”, ma includendo, si intende, anche i diritti nazionali dei non ebrei.

Non abbastanza per l’Ambasciatore della Palestina presso il Regno Unito, Manuel Hassassian, il quale ha subito replicato che in mancanza delle scuse richieste, della cancellazione dei festeggiamenti e del riconoscimento da parte di Londra dello Stato di Palestina, i palestinesi andranno avanti con una causa legale contro il governo del Paese che con quella Dichiarazione ha promesso di cedere terra che non era sua”.

Vedi:

http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Palestinians-UK-refuses-request-for-apology-over-1917-Balfour-Declaration-488914

http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4953895,00.html

III – Fallisce l’ultimatum israeliano alla Germania

“La mia politica è chiara”, ha detto Netanyahu: “nessun incontro con chi visita Israele e vede organizzazioni che diffamano i soldati dello Stato ebraico come criminali”. Un vero e proprio ultimatum quello lanciato dal Premier israeliano al Ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, che durante il suo viaggio in Israele aveva sperato di poter incontrare sia i rappresentanti del governo sia quelli delle organizzazioni non governative che ne criticano l’operato denunciando l’occupazione dei Territori Palestinesi.  Ma il Ministro non si è fatto condizionare e tra i due incontri ha preferito quello con le associazioni, definendo “deplorevole” la cancellazione del colloquio con lui da parte di Netanyahu e spiegando così la sua scelta: “È del tutto normale incontrare rappresentanti della società civile” quando si è in missione in un Paese, sarebbe infatti “inconcepibile” per la Germania annullare incontri ufficiali con rappresentanti di governi stranieri che volessero avere colloqui con organizzazioni critiche delle politiche del governo tedesco. “Siamo dell’idea che in un Paese democratico debba essere possibile incontrare anche delle Ong critiche, senza che ciò abbia simili conseguenze”, ha aggiunto il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert. La cancelliera Angela Merkel ha ritenuto “spiacevole” il fatto che l’incontro sia saltato, rivendicando la scelta del proprio ministro di incontrare comunque le Ong, che hanno colto questa occasione per riaffermare la propria volontà di proseguire con l’attività di denuncia degli abusi a danno dei civili palestinesi, dei crimini di guerra e delle violazioni dei diritti umani. Subito dopo l’incontro del 25 aprile con il Ministro Gabriel, che Netanyahu non era riuscito a sventare con le sue minacce, Breaking the Silence, B’Tselem e Peace Now hanno così diffuso un comunicato in cui sostengono che “La società civile non accetta ordini né intende piegarsi a simili pressioni. Ci opporremo alle ingiustizie dell’occupazione fino a quando questa diventerà una cosa del passato”.

Vedi:

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2017/04/25/ultimatum-netanyahu-a-ministro-tedesco_8aa9b08c-e149-4f67-af59-71419025ac55.html

http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Top-Palestinian-official-calls-on-Germany-to-pressure-Israel-to-make-peace-488925

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2017/04/26/merkel-a-netanyahu-diritto-vedere-ong_7390c6d2-b9f6-4f03-add5-838b176f6089.html

 

IV – Emergenza acqua potabile a Gaza

Nel minuscolo fazzoletto di terra che è la Striscia di Gaza, ormai anche bere un bicchiere d’acqua è diventato pericoloso. Sono sempre di più, infatti, gli abitanti che si ammalano a causa della cosiddetta “acqua potabile”, evidenziando la drammatica questione umanitaria del Territorio Palestinese che, secondo le Nazioni Unite, potrebbe diventare inabitabile già nel 2020.

L’ONU ha a più riprese chiesto a Israele di sollevare il blocco che da più di dieci anni isola Gaza. In un territorio sovrappopolato, ai margini del deserto, e dove i corsi d’acqua sono ridotti a rigagnoli in prevalenza asciutti, la falda d’acqua potabile è troppo sfruttata. Il suo livello si abbassa continuamente e l’acqua di mare si insinua al suo interno, aumentandone la salinità. Così l’acqua salmastra è utilizzata per cucinare, per la doccia, per lavare i panni e per l’irrigazione.

“La situazione nel Territorio di Gaza, ferito da diverse guerre, sottosviluppato e isolato dal resto del mondo, ha già raggiunto un livello drammatico di crisi”, ha detto Monther Shoblak, Direttore Generale del Servizio Idrico della Striscia. “Più del 97% della falda acquifera non è più adatto all’uso domestico a causa dell’alta salinità, che ha raggiunto un livello mai registrato prima.”

“Se la catastrofe non colpisce quest’anno, lo farà sicuramente nel corso dei prossimi tre”, ha affermato Zidane Abu Zuhri, che si occupa di questioni idriche per il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF).

La quasi totalità dei circa due milioni di abitanti della Striscia dipende per le sue esigenze idriche private e commerciali da una rete pubblica fatiscente o da sistemi di pompaggio privati che pescano da pozzi piuttosto insicuri. “Due terzi degli abitanti di Gaza comprano l’acqua da privati – dice June Kunugi, dell’UNICEF – ma quest’acqua, spesso risultato di desalinizzazione, può anche essere inquinata. Molti bambini hanno parassiti e vermi e soffrono di diarrea e malnutrizione.” Chi può permetterselo scava un proprio pozzo che pesca a diverse decine di metri di profondità, ma questo amplifica il problema. L’inquinamento è di due tipi, chimico e microbiologico. Quello chimico arriva soprattutto dai pesticidi, ma secondo molti esperti anche dai residui tossici delle munizioni usate durante le guerre. L’inquinamento microbiologico è invece causato da batteri di origine fecale, che proliferano nelle acque reflue e inquinano la falda potabile a causa dei pessimi o inesistenti impianti di depurazione. Ebbene, nella parte più profonda della falda acquifera questi agenti inquinanti si combinano e aumentano i livelli di cloro e nitrati, che possono causare la cianosi congenita nei bambini e facilitare lo sviluppo di diversi tumori.”

Intanto, “Ogni anno vediamo un aumento consistente, del 13-14%, nel numero di pazienti ricoverati con problemi renali”, ha detto il dottor Abdallah Al Kishawi, capo del reparto di nefrologia del Shifa Hospital di Gaza.

Sulle sponde del Mediterraneo la desalinizzazione dell’acqua di mare è una potenziale soluzione al problema dell’approvvigionamento idrico. Lo scorso gennaio ha iniziato a lavorare il più grande impianto di desalinizzazione della Striscia, ma al momento fornisce acqua potabile solo a 75.000 persone, e a pieno regime garantirà il suo servizio a non più di 150.000 cittadini.

Vedi:

http://eastwest.eu/it/opinioni/open-doors/palestina-striscia-di-gaza-emergenza-acqua-potabile