Newsletter No 63 – 3/4/2017

“Se Israele vuole essere un partner per la pace nella regione e vivere in sicurezza accanto ai suoi vicini, deve abbandonare l’idea che la sicurezza derivi dalla continua espropriazione di terreni altrui”

Il Presidente Abu Mazen

Indice:

  1. Il messaggio del Vertice Arabo
  2. L’importanza del Fondo Nazionale Palestinese
  3. L’espansione degli insediamenti è sotto ai nostri occhi
  4. Continuano le aggressioni contro gli istituti palestinesi di Gerusalemme

I – Il messaggio del Vertice Arabo

Il Vertice Arabo ospitato dalla Giordania, che si è tenuto il 28 marzo sul Mar Morto, ha posto speciale enfasi sulla questione palestinese e si è concluso rinnovando l’impegno per una ripresa di “negoziati di pace seri e concreti tra la Palestina e Israele”, per mettere fine al conflitto sulla base della soluzione dei due Stati come unica strada percorribile per conseguire la stabilità nell’area. Ciò conferma “la scelta strategica araba” per la creazione di uno Stato palestinese indipendente sui confini del 1967 con Gerusalemme Est capitale, adottata in occasione dell’Iniziativa di Pace che tutti i Paesi arabi hanno promosso durante il Vertice di Beirut del 2002.  Un’Iniziativa basata sul ritiro di Israele dai territori palestinesi, siriani e libanesi occupati nel 1967; ma che tiene anche conto dei diritti dei rifugiati e prevede l’accettazione della pace per Israele da parte di tutti i Paesi Arabi, mostrandosi ancora oggi come la proposta più credibile in termini di garanzie necessarie al conseguimento di una pacificazione storica. Ben venga allora, secondo il comunicato emanato dal Vertice, l’impegno espresso dalla Comunità Internazionale durante la Conferenza per la Pace che si è tenuta a Parigi il 15 gennaio scorso, affinché siano rispettate tutte le Risoluzione delle Nazioni Unite e vengano rifiutate azioni unilaterali come quelle messe in campo da Israele per alterare la realtà dei Territori Palestinesi anche da un punto di vista demografico.

Il Presidente Abu Mazen, intervenendo il 28 marzo, ha dichiarato che “Se Israele vuole essere un partner per la pace nella regione e vivere in sicurezza accanto ai suoi vicini, deve abbandonare l’idea che la sicurezza derivi dalla continua espropriazione di terreni altrui, deve porre termine all’occupazione, e deve smettere di negare al nostro popolo il diritto alla libertà e all’indipendenza sulla propria terra. Solo in questo modo conquisterà il rispetto dei suoi vicini e il suo popolo raccoglierà i frutti della pace, come previsto dall’Iniziativa di Pace Araba”.

A questo scopo, sarà molto importante, ha sottolineato Abu Mazen, che Israele non tenti di trasformare quello che è un conflitto politico in conflitto religioso, “perché quest’ultima deriva avrebbe conseguenze disastrose per l’intera regione”.

Vedi:

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=RSgp8ja70551546384aRSgp8jhttp://english.wafa.ps/page.aspx?id=RSgp8ja70551546384aRSgp8j

http://jordantimes.com/news/local/arab-summit-concludes-message-peace%E2%80%99-call-solidarity

II – L’importanza del Fondo Nazionale Palestinese

Il Ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman, è arrivato a sostenere che il Fondo Nazionale Palestinese, che offre aiuti economici alle famiglie di chi è stato ferito, ucciso o imprigionato dalle forze di occupazione ed è parte integrante dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, sarebbe “un’organizzazione terroristica”. La reazione del Segretario Generale del Comitato Esecutivo dell’OLP non si è fatta attendere. Durante un incontro con Fernando Gentilini, Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per la Pace in Medio Oriente, Erekat ha dichiarato che la posizione di Lieberman equivale alla revoca del riconoscimento dell’OLP da parte di Israele ed ha per questo chiesto al Primo Ministro Netanyahu di chiarire la posizione del suo governo. Un governo, ha aggiunto, che intensificando l’attività degli insediamenti persegue la distruzione della soluzione dei due Stati, sostituendola con quella di un sistema di Apartheid.

Vedi:

http://english.wafa.ps/page.aspx?id=z3KWG2a61976251854az3KWG2

https://www.maannews.com/Content.aspx?id=775999

III – L’espansione degli insediamenti è sotto ai nostri occhi

Quanto era già visibile girando in automobile tra Cisgiordania e Gerusalemme Est, e comprensibile conoscendo i piani di espansione coloniale presentati dal governo israeliano nel corso dell’ultimo anno, viene oggi confermato dai numeri. Il 22 marzo, l’Ufficio Centrale per le Statistiche di Israele ha pubblicato i dati relativi all’ampliamento degli insediamenti israeliani nel 2016 e, rispetto al 2015, l’incremento nelle costruzioni è stato del 40%. Lo scorso anno, infatti, sono state costruite 2.630 unità abitative per coloni, 700 in più rispetto al 2015. Si tratta di una cifra record, seconda solo al numero di case costruite nel 2013: 2.874, stando alla mappatura condotta dall’associazione israeliana per i diritti umani Peace Now, che prende in considerazione gli ultimi 15 anni. La media annuale delle unità abitative costruite per i coloni dal 2001 ad oggi si attesta così intorno alle 1.790 case sorte illegalmente ogni anno sui Territori Palestinesi Occupati.

Ad accendere i riflettori sulle politiche espansioniste dell’attuale governo di destra guidato dal premier Netanyahu sono i dati riferiti al suo mandato: dal 2009, cioè da quando è stato eletto primo ministro, la sola Cisgiordania ha subito la costruzione di oltre 14mila case per coloni. Numeri estremamente preoccupanti che non tengono conto dei più recenti annunci, tra cui l’approvazione di piani di costruzione per 6mila unità abitative nei Territori e la sanatoria per gli avamposti, considerati illegali anche dallo Stato di Israele fino a quando la legge approvata all’inizio dell’anno dalla Knesset non ha stabilito di “regolarizzarli”.

L’ultima risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la 2334 del 23 dicembre scorso, ha condannato l’espansione coloniale ma è rimasta del tutto disattesa, grazie all’impunità di cui gode Tel Aviv. Un’impunità che il 30 marzo ha spinto il gabinetto di sicurezza israeliano ad approvare, per la prima volta negli ultimi 20 anni, la creazione non di nuove unità abitative in vecchi insediamenti, ma addirittura di un nuovo insediamento. La nuova colonia illegale, destinata a circa 2.000 persone, è stata pensata – paradossalmente e in modo alquanto sproporzionato – per risarcire le 40 famiglie dell’avamposto di Amona, fatto sgomberare dalla Corte Suprema di Israele. Sorgerà vicino all’insediamento già esistente di Shiloh, sempre in Cisgiordania, non lontano da Ramallah.

Con l’occasione, il gabinetto di sicurezza anche reso noto che altri 90 ettari di terreno palestinese in Cisgiordania saranno presto registrati come terra dello Stato ebraico.

Questi piani di espansione non hanno causato solo l’indignazione della leadership palestinese, ma anche “l’allarme e la delusione” del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, di fronte “ad azioni unilaterali come questa che minacciano la pace e la soluzione dei due Stati”.

Dello stesso tono il comunicato della Farnesina, che ha espresso “viva preoccupazione” per l’annuncio da parte del governo israeliano di un nuovo insediamento e di nuovi espropri di terreno, perché “Queste decisioni sono contrarie al diritto internazionale, allontanano la ripresa dei negoziati di pace fra le parti e la prospettiva dei due Stati per i due popoli”.

Vedi:

http://nena-news.it/israelepalestina-tel-aviv-40-di-colonie-nel-2016/

http://www.repubblica.it/esteri/2017/03/31/news/israele_primo_insediamento_israele_in_cisgiordania_da_20_anni-161840363/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P2-S1.6-T1

http://www.newsweek.com/netanyahu-announce-israels-first-west-bank-settlement-two-decades-576724

IV – Continuano le aggressioni contro gli istituti palestinesi di Gerusalemme

La mattina del 14 marzo, il Dipartimento per i Sistemi di Mappatura ed Informazione Geografica della Società per gli Studi Arabi di Gerusalemme Est ha subito un’irruzione delle forze armate israeliane ed è stato chiuso in maniera del tutto illegittima, mentre il suo Direttore, il Professor Khalil Tufakji, protagonista di numerose iniziative nell’ambito del Processo di Pace in Medio Oriente, è stato arrestato senza motivo. Durante il raid, le forze di occupazione hanno preso e portato via numerosi documenti e computer.

Si è trattato, nelle parole del Segretario Generale del Comitato Esecutivo dell’OLP, Saeb Erekat, di “un’azione provocatoria che ci ricorda l’attuale campagna dispiegata da Israele per privare i palestinesi di Gerusalemme Est Occupata, capitale dello Stato di Palestina, di qualsiasi voce a partire da quella delle loro organizzazioni ed enti nazionali, con l’intento cancellare qualsiasi presenza palestinese nella città”. E’ già successo con più di 20 altri istituti palestinesi di Gerusalemme Est, tra cui la Casa d’Oriente e la Camera di Commercio, rimasti chiusi dal 2001, in violazione del diritto internazionale, in seguito agli ordini e alle irruzioni delle forze di occupazione.

Molte Risoluzioni delle Nazioni Unite chiedono la riapertura immediata di tutti gli istituti palestinesi di Gerusalemme Est. In particolare, la 476 del Consiglio di Sicurezza, afferma che “Tutte le misure legislative e amministrative, così come tutte le azioni di Israele, potenza occupante, intese ad alterare il carattere e lo status della Città Santa di Gerusalemme sono prive di validità legale e costituiscono una flagrante violazione della Quarta Convenzione di Ginevra (…) rappresentando in questo modo un serio ostacolo al raggiungimento di una pace onnicomprensiva, giusta e duratura in Medio Oriente”.

Per questo, insiste Erekat, la comunità internazionale dovrebbe adottare misure concrete per riaprire gli enti palestinesi di Gerusalemme Est, e l’Unione Europea, in particolare, dovrebbe immediatamente mettere in pratica le raccomandazioni stilate dai suoi Capi Missione nel Rapporto su Gerusalemme.

Vedi:

https://www.nad.ps/en/media-room/press-releases/dr-saeb-erekat-another-raid-and-closure-palestinian-institution-occupied